PARAMETRI TEORICI PER LA PROGETTAZIONE DI UNO “SPETTROGRAFO CLASSICO”

Contribution: Christian Buil – Traduzione italiana: Paolo Corelli

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Le note che seguono permettono un rapido e semplice calcolo dei parametri geometrici e ottici per la realizzazione di uno spettrografo classico (in contrapposizione alle altre combinazioni come la versione Littrow, il sistema Grisms, ecc.). Questa procedura di calcolo si può generalizzare e può essere utilizzata per progettare altri spettrografi classici.

Un foglio elettronico Excell, per un rapido calcolo di questo tipo di spettrografo, oltre alla stima di magnitudine limite, lo puoi tro../compute/compute.htmvare qui.

Il progetto dello spettrografo base che andremo a considerare, è rappresentato in fig.1


Fig 1.

Nella progettazione vengono utilizzati i seguenti componenti:

In fig.2 viene riportato lo schema ottico dello strumento:


Fig 2.

Assumiamo che il telescopio abbia uno specchio primario con diametro (D) da 200 mm e una distanza focale (f) pari a 1200 mm. Il rapporto di apertura /fnr sarà quindi 1200/200 = 6

D = 200 mm

f  = 1200 mm

Fnr = 6

assumiamo inoltre, per gli altri componenti ottici, i seguenti parametri;

Per il collimatore:

-   lunghezza focale           f1 = 135 mm

-   rapporto focale            Fc = 2,8

Per l’obiettivo fotografico:

-    lunghezza focale           f2 = 50 mm

-   rapporto focale            Fo = 1,4

Per il reticolo:

-    numero di linee m = 600 l/mm

-   dimensioni H = 30 mm (quadrato)

PASSO 1 – Controllo della vignettatura da parte del collimatore

Per sfruttare interamente il fascio di luce del telescopio, il diametro della lente del collimatore deve soddisfare la seguente relazione:

          Fc < Fnr                                                                                                                        (1)

nel nostro caso, essendo 2,8 < 6, questa condizione viene ampiamente soddisfatta.

PASSO 2 – Calcolo del diametro d1

 d1 è il diametro del fascio ottico che esce dal collimatore (ved. f:2) e si ottiene dalla relazione:

                                                                                                                        (2)

nel nostro caso abbiamo:


PASSO 3 – Calcolo dell’angolo di incidenza e di diffrazione del reticolo

Nel caso della luce visibile, si desidera che la lunghezza d’onda centrata sul CCD corrisponda a λ0 = 5500 Å. Questa lunghezza d’onda viene definita  di riferimento. In pratica è stato scelto il centro dello spettro visibile – il colore verde.

Consideriamo γ come l’angolo fra l’asse dei raggi incidenti sul reticolo e la direzione di riferimento del raggio rifratto a 5500 Å, avremo:

A causa delle dimensioni fisiche del collimatore, degli altri componenti ottici utilizzati e della necessità di contenere il valore dell’angolo totale γ, è stato scelto il valore di 38°.

L’angolo di incidenza α è dato da:

                                                                       (4)

dove k è l’ordine dello spettro che può assumere valori di ...-2, -1, 0 , 1 , 2 ..... In uno spettrografo classico come il nostro è decisamente conveniente lavorare con lo spettro di prim’ordine (k± 1),  k0 corrisponde alla semplice riflessione del fascio incidente da parte del reticolo; nell’ordine 0 il reticolo si comporta come un normale specchio senza disperdere la luce. Va notato che lavorando nell’ordine 0 è possibile proiettare il campo inquadrato dal telescopio direttamente sul rivelatore, come se il CCD fosse piazzato sul piano focale dello strumento, la dimensione dell’immagine sarà moltiplicata per il coefficiente f2/f1. Questo rapporto, normalmente, è più piccolo di 1, pertanto, in questo caso, lo spettrografo si comporta come un semplice riduttore di focale. Ruotando il reticolo sarà quindi possibile passare dal modo “spettroscopico” alla ripresa diretta dell’immagine, il che è molto utile durante l’identificazione e la centratura dell’oggetto del quale si vuole riprendere lo spettro.

L’equazione (4) per α può essere risolta come segue:

                                                                                  (5)

sostituendo i valori numerici si ottiene:

  

 da cui:

pertanto i due valori possibili per α sono

α = (38 – 10,05)=29,05° e

α = (38 + 10,05)=48,05°

per gli spettri di ordine 1 e –1 rispettivamente. I valori corrispondenti per β, utilizzando la relazione (3) sono: 

β = (29,05 – 38)=-8,95° e

β = (48,05 – 38)=29,05°

A questo punto scegliamo le soluzioni che ci interessano che sono: α = 29,05° e β = -8,95° (Vedremo poi, al passo 9, se questa scelta è quella corretta)

Nota – Angoli di segno opposto indicano che il raggio incidente e quello rifratto, giacciono su lati opporti rispetto alla direzione normale al reticolo

PASSO 4 – Calcolo della dimensione minima accettabile del reticolo

Abbiamo:

                                                               (6)

passando ai numeri:

dato che L<H, il reticolo non toglie luce, anche se i 2 mm di margine sono abbastanza ristretti; in ogni caso è necessario porre una cura e attenzione particolari nell’allineare correttamente tutti i componenti ottici.

PASSO 5 – Calcolo della dispersione spettrale sul CCD

 Sia r il grado di dispersione, in Å per pixel, sul CCD. per un sensore CCD avente pixel (p) da 9 μm, la dispersione è data dalla relazione:

                                                                         (7)

che in valore diventa:

PASSO 6 – Calcolo del diametro d2

d2 è il diametro del fascio dei raggi rifratti dal reticolo, ed è dato dalla:

                            (8)

dove X è la distanza del fronte della lente dell’obiettivo dal reticolo e N il numero di pixel presenti sul CCD nel senso della dispersione dello spettro. A causa delle esigenze meccaniche, la X è uguale a 60 mm. Assumendo che il CCD sia il Kodak KAF-0400, con N = 768, avremo

                                        

Per ottenere una totale assenza di vignettatura sul CCD, deve essere soddisfatta la relazione:

F0 < f2 / d2                                                                                                               (9)

nel nostro caso 1,4 < 1,48 pertanto, sebbene per poco, la condizione viene soddisfatta. L’obiettivo fotografico da 50 mm deve essere completamente aperto, il che non rappresenta il massimo in termini di bontà, qualità e risoluzione spettrale. Un miglioramento di questa situazione verrà indicato nell’ultima sezione del presente lavoro. E’ necessario ribadire che, per eliminare la vignettatura e minimizzare l’aberrazione ottica, la distanza fra il reticolo e l’obiettivo fotografico deve essere ridotta al minimo, nello stesso tempo verrà evitata la perdita di parte dei raggi provenienti dal collimatore. Ovviamente sarà necessario trovare un compromesso.

Nota: ll rapporto   viene chiamato fattore anamofico dello spettrografo (ved. più avanti)

PASSO 7 – Calcolo della gamma spettrale coperta

I limiti estremi di lunghezza d’onda, da un lato  e dall’altro del CCD, sono dati dalla relazione:

                                                                                               (10)

inserendo i valori disponibili otteniamo

λ1 = 4363 Å    e          λ2 = 6637 Å

pertanto lo spettrografo, in questa configurazione, è in grado di coprire praticamente l’intera gamma dello spettro visibile con una risoluzione sull’immagine pari a 2,96 Å/pixel. Qualora si intendesse esaminare anche le regioni UV (ultravioletta) e IR (infrarossa) dello spettro, sarà necessario ruotare il reticolo, pertanto prevedere una sua accurata rotazione manuale rappresenta una caratteristica importante per l’intero strumento.

PASSO 8 – Calcolo della risoluzione spettrale

Il potere risolutivo spettrale (R) dello strumento viene definito come:

                                                                                                                   (11)

dove Δλ è l’elemento spettrale più piccolo che si riesce a risolvere. Più alto è il valore di R, maggiori saranno i dettagli identificabili sullo spettro. Lo spettrografo in discussione è di media risoluzione e fornisce un valore di R di circa 1000.  A questa risoluzione sarà possibile risolvere righe spettrali con separazione minima di 6 Å, nella regione dei 6000 Å (ad es. il doppietto del sodio). Vedremo in seguito se saremo in grado di raggiungere queste prestazioni. L’espressione del potere risolutivo per uno spettrografo a reticolo è:

                                                                            (12)

dove r è il fattore anamorfico definito in precedenza e FWHMt è l’ampiezza totale a metà altezza di un’immagine stellare sul CCD, nella direzione della dispersione,assumendo che la sorgente di luce sia monocromatica. Se il diametro apparente del disco stellare è limitato (coperto parzialmente) da una fenditura posta al fuoco del telescopio, allora la FWHMt  diventa la larghezza della fenditura proiettata sul piano del CCD (più esattamente la funzione di dispersione lineare -  LSF - della fenditura). Se lo spettrografo viene utilizzato senza fenditura (modalità nota come Seeing limitato, che significa che sono le dimensioni angolari del disco stellare a determinare la risoluzione spettrale) l’ FWHMt    può essere ricavata dalla seguente equazione:

         (13)

dove:

-       Φ è il seeing astronomico (in radianti)

-       FWHMt2 è l’ampiezza totale a metà altezza in mm dell’immagine della sorgente puntiforme prodotta dal collimatore

-        FWHMo2  è l’ampiezza totale a metà altezza in mm dell’immagine prodotta dall’obiettivo fotografico

-        FWHMc2  è l’ampiezza totale a metà altezza in mm del limite di diffrazione del PSF del reticolo

-      p sono le dimensioni del pixel  

Nota: questa definizione del FWHM è il valore che si misura in pixel e frazioni di pixel sull’immagine, valore che, note le dimensioni dei pixel, viene poi convertito in mm.

Il valore della FWHM è dato da

                                                                                                    (14)

Nel nostro spettrografo questo valore risulta molto piccolo (FWHMd=1 micron) ; nell’esempio noi adotteremo il valore FWHMd = 0. Se l’oggetto studiato è limitato dalla fenditura (modo: slit limited per situazioni in cui l’oggetto presenta dimensioni estese come nel caso di una nebulosa o cometa), il valore della FWHMt  è dato da:

                                     (15)

dove ω è la larghezza della fenditura al fuoco del telescopio. Se FWHMt < 2 volte le dimensioni dei pixel (p), lo spettro viene definito “sottocampionato” in accordo al teorema di Nyquist; ciò significa che la risoluzione finale è determinata dalle dimensioni dei pixel, in tal caso avremo FWHMt = 2p. Con obiettivi fotografici comuni e con il rapporto focale del telescopio utilizzato con questo spettrografo, che è di f/6 (vedi sopra) avremo:

 FWHMc = 10 microns (0.010 mm) e FWHMo = 15 microns (0.015 mm)

Nota: l’obiettivo fotografico lavora ad una maggiore apertura (valore di f più piccolo) del collimatore, questo genera i vari valori di FWHM discussi poc’anzi.

Il valore di (p) per il chip CCD Kodak-0400 è di 9 microns (0,009 mm). Si assuma inoltre che il seeing atmosferico sia di 4 secondi d’arco, un valore piuttosto scadente, ma corrispondente al tipico cielo disponibile dall’astrofilo nelle aree urbane per sessioni di cielo profondo; il dato, inoltre, tiene conto degli errori di guida del telescopio e delle flessioni meccaniche dello strumento. In radianti ciò equivale a Φ = 2 x 10 –5 rad.

Ritornando agli altri parametri:

-    f  = 1200 mm

-     f1 = 135 mm

-     f2 =  50 mm

il fattore anamorfico sarà dato da:

                                                                       (16)

inserendo gli altri valori avremo:

pertanto le dimensioni di una stella a 5500 Å, nel senso della dispersione dello spettro sul CCD, sarà di 19,5 micron, circa il doppio della FWHM che è di 2 pixel. Questo è un buon valore, dato che il dettaglio risolvibile più piccolo, per essere individuato, deve coprire almeno 2 elementi del sensore. Quindi, l’espressione finale, del potere risolutivo spettrale R è:

Il valore teorico previsto, che era di circa 1000, è stato quasi raggiunto.  Si osservi che tale valore non sarebbe stato ottenuto se la lunghezza focale del collimatore (f1) fosse stata uguale a quella dell’obiettivo fotografico (f2 = 50 mm). Una lunghezza focale più corta avrebbe consentito di ridurre le dimensioni e il peso dello spettrografo, ma in tal caso R sarebbe stato di 625.  In altre parole, per ottenere la risoluzione desiderata, il rapporto f1/ f2 deve necessariamente risultare abbastanza grande (≥ 2). Va ancora detto che, per spettrografi senza fenditura, la chiave per raggiungere l’alta risoluzione è quella di impiegare telescopi con rapporto focale relativamente corto.   Se f1 = 500mm diventa possibile utilizzare un collimatore con f1 = 50 mm senza perdite apprezzabili del potere risolutivo spettrale, in condizioni mediocri di seeing (8 secondi d’arco).  Con i moderni rifrattori apocromatici, il rapporto di apertura è tipicamente nel range di f/8.   Ad esempio, io utilizzo un rifrattore alla fluorite Takahashi del diametro di 128 mm e lunghezza focale di 1040 mm.  Con f/8 i componenti ottici dello spettrografo lavorano al di sotto del limite dettato dall’apertura (minor aberrazione) rispetto ai calcoli fatti in precedenza. Con obiettivi fotografici Nikkon/Olympus/Canon di buona qualità, per un fascio di apertura f/8, si ha:

FWHMc  =    8microns = 0.008 mm (Nikkor 135 mm f/2.8)
FWHM
o = 12 microns = 0.012 mm (Nikkor 50 mm f/1.4)

inoltre per un’esposizione tipica, con un collimatore da 128 mm, il diametro del seeing astronomico è prossimo a 3 secondi d’arco (anzichè a 4 secondi).  Dai calcoli effettuati, e tenendo conto di questi parametri, si ottiene una FWHMc = 16 micron.  Il diametro stellare apparente sul CCD è più piccolo di due pixel, sebbene la risoluzione effettiva sia limitata dalle caratteristiche dello stesso rivelatore. Quando si verificano queste condizioni di “sottocampionamento” il valore da utilizzare per la FWHMt è di 2 x p = 2 x 9 micron = 18 micron.  Il potere risolutivo raggiungibile è quindi pari a 920 (Date le dimensioni dei pixel del CCD utilizzato, con questa configurazione ottica particolare è il valore massimo raggiungibile). C’è comunque un vantaggio nel lavorare con uno spettro leggeremente sottocampionato – per uno spettrografo dotato di una fenditura larga il profilo della riga osservata è relativamente indipendente dalle variazioni del seeing (turbolenza atmosferica) per una gamma di varie decine percentuali, il che è importante quando si effettuano analisi e interpretazione di dati astrofisici.   La possibilità di non ridurre l’ampiezza della fenditura al di sotto dei 10 micron rappresenta, nella spettroscopia stellare, un vantaggio considerevole in termini di efficienza nell’utilizzo dello spettrografo e rappresenta l’unico campo di ricerca utile per i piccoli e medi telescopi a diposizione degli appassionati. (l’unico vero svantaggio nel non poter utilizzare fenditure strette con piccoli telescopi è dato dalla difficoltà incontrata nella calibrazione degli spettri dove l’identificazione delle righe viene richiesta senza ambiguità).

PASSO 9 – Scelta del fattore anamorfico

In precedenza (Passo 3) è stato scelto, arbitrariamente il seguente angolo:

α = 29,05° e β = -8,95°

vedremo ora se questa è stata una scelta giusta confrontandola con le altre possibili soluzioni che erano:

α = 8,95° e β = -29,05°.

Calcoliamo quindi l’immagine della stella sul CCD e il potere risolutivo con i nuovi valori. Applicando l’equazione utilizzata nel Passo 8 (16), si ottengono i seguenti valori:

da cui ricaviamo FWHMt = 20,60 micron e R = 920

L’ampiezza totale a metà massimo FWHMt  dell’immagine stellare sul rivelatore è aumentata leggermente (da 19,5 micron a 20,6) riducendo il potere risolutivo.  Tuttavia, dato che fattore anamorfico (r) è attualmente >1, si ha come risultato un lieve aumento della dispersione spettrale.  Riutilizzando l’equazione del PASSO 5 (7), si ottiene

al posto del 2,96 Å/pixel ottenuto in precedenza. Questo aumento della dispersione spettrale compensa la maggior estensione dell’immagine stellare (o dell’immagine della fenditura più larga) e, di fatto, l’ultimo caso visto con r > 1 produce un potere risolutivo leggermente maggiore che nel caso di r < 1.  Questo vantaggio porta sempre un beneficio anche se una maggior dispersione non sempre rappresenta l’obiettivo finale (questo perchè “alta dispersione = minor possibilità di osservazione di stelle deboli).   Pertanto se intendiamo raggiungere una risoluzione spettrale più elevata, con il nostro esempio – alla fine – dovremo utilizzare la configurazione con α = 8,95° e β = -29,05°. (Va osservato che questo NON è un risultato da generalizzare, per ogni configurazione nuova di spettrografo è necessario ripercorrere l’intero procedimento di calcolo.). Per di più va sottolineato che il calcolo di d2 con i nuovi parametri (ved. PASSO 6) dà 28,2 mm, che è sensibilmente più piccolo del valore di 33,7 mm ottenuto in precedenza. Il fascio che dal reticolo entra nell’obiettivo fotografico risulta meno disperso, pertanto l’apertura dell’obiettivo è minore, il che riduce l’inconveniente dell’aberrazione. Questo è un ulteriore vantaggio derivante dall’aver scelto i valori α  e β sopra riportati.

PASSO 10 – Metodi semplici per aumentare il potere risolutivo

In tutti i calcoli visti in precedenza il fattore limitativo più importante del potere risolutivo è risultato essere la dimensione fisica dei pixel del CCD utilizzato.  Senza modificare o rivoluzionare tutto lo spettrografo, la via più semplice per aumentare tale potere risolutivo è quella di aumentare la quantità delle righe presenti sul reticolo.  Un reticolo con 1200 l/mm sarà in grado di più che raddoppiare la risoluzione spettrale. Mantenendo l’angolo principale a 38° (la geometria essenziale dello spettrografo non cambia) troviamo α = 1,43° e β = 39,43°.  Si noti in particolare che i raggi incidenti e i raggi rifratti si trovano ora dallo stesso lato del reticolo (i segni degli angoli sono uguali).

Ripercorrendo i calcoli come fatto in precedenza, si potrà verificare che le dimensioni del reticolo sono sufficienti, che il diametro d2 = 25,7 mm, che l’obiettivo fotografico dovrà lavorare a f/1,9 per evitare vignettature, che la dispersione spettrale vale 1,16 Å/pixel e che il potere risolutivo sarà uguale a 1990. Tutto questo è positivo, ma va ricordato che utilizzando un reticolo da 1200 l/mm si perde, in termini di sensibilità rispetto ad uno da 600 l/mm, circa una magnitudine.

La scelta giusta di quale reticolo utilizzare dipenderà quindi al tipo di osservazioni che si intenderanno effettuare.

Clicca qui per il calcolo della magnitudine limite.

PASSO 11 – Alcune varianti

La fig.3 che segue, mostra una variante della configurazione originale in grado di produrre un’immagine sostanzialmente paragonabile semplicemente sostituendo il teleobiettivo, pesante e ingombrante, con un doppietto acromatico avente funzioni di collimatore.

 Il risultato è uno strumento più compatto del precedente. La distanza reticolo-obiettivo rimane la stessa (60mm) mentre il reticolo stesso può ora essere spostato molto più vicino alla superficie delle lenti del collimatore con una netta riduzione di spazio.

Un buon fornitore di doppietti acromatici è la Edmund; la focale è di 100mm e il diametro di 25 mm (Rif. E32-327). Per raggi localizzati lungo l’asse ottico principale, la qualità dell’immagine fornita dal doppietto è paragonabile a quella fornita dal teleobiettivo.

 

Fig 3.

Il diagramma successivo (fig.4) mostra ciò che succede quando lo spettrografo funziona in modo “largo-campo”, tipico di quando si osservano molte stelle contemporaneamente senza una fenditura.  In questo caso lo spettrografo accetta un campo di ± 3mm nel fuoco del telescopio senza alcuna vignettatura (circa 0,3 Å per un telescopio di 1200 mm di focale).


Fig 4.

Lo spostare il collimatore più vicino al reticolo consente di sfruttare quasi interamente l’intera pupilla di uscita del telescopio, in rapporto alla pupilla di entrata dell’obiettivo fotografico; ciò rappresenta un valido sistema per ridurre le aberrazioni geometriche.    In altre parole, se avessimo piazzato lo schermo proprio di fronte all’obiettivo, in questa posizione avremmo visto dettagliatamente i contorni dello specchio o obiettivo principale del telescopio.

Allo scopo di ottenere questo tipo di combinazione “pupilla entrata-uscita”, almeno in prima approssimazione, deve essere soddisfatta la seguente condizione:

dove:

·        X’  = distanza fra reticolo e superficie della lente del collimatore

·        X   = distanza fra reticolo e superficie frontale dell’obiettivo

in questo esempio abbiamo X’= 50 mm, X= 60 mm e f1=100 mm, la somma (110) presenta una tolleranza di 10 mm, accettabile per l’utilizzo dell’immagine della pupilla di uscita proiettata sul piano dal telescopio.

 La figura 5 è un’immagine in 3D delle tracce dei raggi dello spettrografo. Si può osservare come la fenditura di entrata sia orientata e come si produca lo spettro sul CCD.


Fig 5.

 In fine, le 3 figure che seguono rappresentano i diagrammi delle immagini per le tre lunghezze d’onda nelle regioni del blu, verde e rosso dello spettro. La FWHM dell’immagine è fra 10 e 20 micron, nella regione del visibile.  Questi valori sono accettabili in funzione del campionamento richiesto per pixel da 9 micron.   La FWHM dovrebbe coprire i 2 pixel per un campionamento ottimale (criterio di Nyquist).  In condizioni di seeing normale, come abbiamo già visto in precedenza, la risoluzione spettrale non risulterà particolarmente degradata.






 
Fig 6.

 

PASSO 12 – Collaudo

L’unica regolazione importante da effettuare sullo spettrografo è quella di assicurarsi che l’immagine della fenditura, vista dal collimatore, risulti a fuoco all’infinito; in altre parole che i raggi siano paralleli prima di raggiungere il reticolo.  Si può utilizzare un cercatore di buona qualità, focalizzato all’infinito, e posto di fronte al teleobiettivo (collimatore), si regoli la ghiera di messa a fuoco di quest’ultimo finchè l’immagine della fenditura si presenterà perfettamente a fuoco (fig.7)


Fig 7.

La fenditura di entrata è una componente importante dello spettrografo. Si può utlizzare perfino un semplice dispositivo costruito con 2 lamette da barba.  La fenditura porta  le seguenti migliorie allo spettrografo:

A – isola l’oggetto osservato da quelli vicini (questa funzione si può ottenere con fenditure che vanno da qualche decimo al  millimetro)

B – Riduce il livello di fondo cielo aumentando il contrasto dello spettro (funzione svolta da fenditure anche ampie)

C – Limita la regione da analizzare allo scopo di non degradare troppo la risoluzione spettrale – ved. Passo 8 – utile per oggetti estesi come nebulose o comete.

D – Consente regolazioni dello spettrografo anche in condizione di luce diurna senza compromettere o saturare il CCD.

Il punto D riportato sopra è stato realizzato in pratica e riprodotto nella figura 8.  Il nostro spettrografo è equipaggiato con una fenditura variabile regolabile micrometricamente.  Questo utile accessorio è stato ricavato da ricambi di attrezzature da laboratorio dismesse o rottamate; chiunque, con una buona manualità, sarà comunque in grado di realizzarne una simile.


Fig 8.

I test iniziali sullo spettrografo vengono effettuati in condizioni di luce diurna.  In questo caso lo strumento è riportato (fig.9) montato ad un’estremità del rifrattore da 120 mm – f/D=8,5.


Fig 9.

L’oggetto verso cui è puntato è semplicemente un foglio di carta bianca illuminato sia dalla luce solare che da una lampada a gas che presenta alcune righe nel proprio spettro (ad es. una lampada fluorescente OSRAM tascabile mostra righe in emissione del Hg molto marcate) fig.10


Fig 10.

Gli esempi che seguono sono stati ottenuti utilizzando nello spettrografo un reticolo da 1200 l/mm con la fenditura chiusa a solo poche decine di microns.  Una fenditura così stretta non aveva alcun effetto sul potere risolutivo finale; la risoluzione  misurata sarà quindi determinata dalle caratteristiche intrinseche degli altri parametri del sistema ottico.  Il rifrattore utilizzato per questa prova non ha un’influenza diretta sulla risoluzione, in quanto gioca il solo ruolo di raccoglitore di luce dell’oggetto osservato. Tuttavia, utilizzando un telescopio, ci si assicura che il fascio che entra nello spettrografo presenti dimensioni ben conosciute e controllate.  In questo caso abbiamo f = 8,5.  Pertanto è molto importante, durante le prove,  avvicinarsi il più possibile alle reali condizioni di osservazione, come pure misurare in modo obiettivo le prestazioni del sistema.

La foto successiva, fig.11, mostra lo spettrografo con un reticolo da 1200 l/mm (Edmund, rif. E47-077).  L’angolo totale g = 38°. Si noti che la superficie del reticolo è quasi perpendicolare all’asse ottico del  collimatore allo scopo di disperdere totalmente la luce entro l’obiettivo fotografico.


Fig 11.

Per interfacciare la fenditura alla camere sono state impiegate alcune semplici copri lenti in plastica forate e un pò di Araldite. Di seguito viene prodotto il primo spettro che mostra la regione verde-gialla emessa da una lampada OSRAM (fig.12) .  Sono visibili alcune bande in emissione, ampie e diffuse, di scarso utilizzo pratico, ma anche righe in emissione intense e sottili, generate dai vapori di mercurio della lampada.


Fig 12.

 Le due righe del Hg al centro, si trovano alle lunghezze d’onda di 5.796,60 Å e 5.789,66 Å rispettivamente (lo spettro completo di questa lampada lo puoi trovare qui.     La colorazione dell’immagine è falsata, ma si avvicina molto ai colori reali (comando RAIMBOW nel software IRIS).  Tutte le righe orizzontali sono provocate da piccole irregolarità lungo il bordo della fenditura (si ricordi che la fenditura è larga solo 10 micron).  Queste strutture orizzontali sono  note come trasversalium.  Il profilo spettrale sotto riportato, fig. 13, è stato ricavato dallo spettro precedente, sono chiaramente visibili le due righe del mercurio che risultano perfettamente risolte. (sull’asse orizzontale è riportato il numero di pixel, in questo caso la dispersione è di 1,1 Å/px.


Fig 13.

Quest’altro profilo, fig. 14, rappresenta un ingrandimento nella regione delle due righe del mercurio, la FWHM è di circa 1 pixel solamente, prossimo al valore calcolato sulla base delle scelte teoriche fatte in fase di progettazione.  Si noti che i profili delle righe, o Line spread functions, sono simmetrici senza mostrare dispersioni eccessive verso la base, il che significa un qualità dell’immagine eccellente.    Pertanto, per lo osservazioni astronomiche correnti, gli unici fattori che influiranno sulla risoluzione finale saranno la qualità delle ottiche del telescopio e il diametro apparente della stella (per una configurazione con fenditura non troppo stretta).


Fig 14.

Il prossimo passo che ci consentirà di familiarizzare maggiormente con lo spettrografo, sarà la luce solare diffusa riflessa dal foglio di carta bianco. La moltitudine delle righe di Fraunhofer ci permetterà di controllare i parametri principali dello strumento e imparare alcune delle caratteristiche fondamentali dello spettro solare. Ad esempio, l’immagine che segue, fig.15, rappresenta lo spettro solare nel verde, attorno al tripletto del magnesio, anche qui con una dispersione di 1,1 Å/px.  ed un potere risolutivo di 2200 a 5500 Å.   Le lunghezze d’onda delle tre righe sono: 5.167,33 – 5.172,70 – 5.183,61 Å rispettivamente.


Fig 15.

Questa piccola regione dello spettro solare presenta un numero di righe considerevole e qui viene riportata esattamente come si vede allo spettrografo.  E’ visibile un certo numero di difetti geometrici, prima di tutto:  il trasversalium non è perfettamente parallelo all’asse orizzontale del CCD.  Lo spettro di una stella mostrerebbe anche un certo grado di inclinazione.  Questo difetto deriva dal fatto che le incisioni presenti sul reticolo non sono poste in modo perfettamente ortogonale rispetto all’asse orizzontale del CCD, ciò è imputabile ai limiti meccanici derivanti dalla costruzione “casalinga” del nostro spettrografo.

Questo inconveniente riduce la qualità dei dati spettrali estratti dall’immagine e deve essere eliminato.  Noto l’angolo di inclinazione, questa correzione può essere effettuata tramite il comando TILT del software IRIS; il procedimento si effettua per tentativi successivi; nel nostro caso si ricava che l’inclinazione è pari a  0,75°. Lo spettro corretto da questa inclinazione, viene riportato in figura 16.


Fig 16.

Un’accurata analisi delle righe rivela la presenza di una leggera curvatura, effetto noto come “smile”. Questo effetto di distorsione dell’immagine è molto comune negli spettrografi. Anche questo deve venire corretto in modo particolare se la successiva elaborazione prevede una funzione di “binning” e non si vuole alcuna perdita di risoluzione.  A questo proposito si può utilizzare il comando SMILE del software IRIS, che richiede di fornire il raggio di curvatura delle righe, in pixel.  Dopo vari tentativi, per questo spettro è stato ottenuto un valore del raggio pari a 7000 pixels.

L’immagine finale riportata di seguito, Fig.17, mostra il risultato dell’applicazione del comando SMILE:

 
Fig 17.

Adesso le righe sono orientate correttamente e si può iniziare l’analisi vera e propria dello spettro.  Il grafico successivo, fig.18, riporta il profilo dello spettro del Sole nei dintorni del tripletto del magnesio e mostra nel dettaglio le numerose righe visibili.  Le righe si presentano diritte e strette, risulta evidente un sottocampionamento dello spettro.  E’ ancora possibile aumentare, leggermente, la risoluzione (di circa il 20-30%) prendendo una sequenza di spettri, sfalsarli leggermente ogni volta, rispetto alla posizione dei pixel, e applicare la tecnica “drizzle”:


Fig 18.

La figura successiva, fig. 19, mostra le righe H (3.933,68 Å) e K (3.968,49 Å) del Calcio ionizzato nell’UV:


Fig 19.

In questa immagine si nota chiaramente il difetto di aberrazione cromatica introdotto dalle lenti dell’obiettivo fotografico utilizzate nello spettrografo.  Nella regione dell’UV,  le zone con messa a fuoco critiche sono pesantemente dipendenti dalla lunghezza d’onda.  D’altra parte le lenti delle macchine fotografiche commerciali vengono progettate per produrre ottime immagini su pellicole sensibili alle radiazioni del visibile.  Le regione H e K del calcio sono posizionate al di fuori, e di molto, dal normale campo di applicazione fotografico.

Agendo sulla ghiera di messa fuoco dell’obiettivo è possibile mettere a fuoco anche le righe H e K ma, contemporaneamente, tutte le altre righe al di fuori di questa zona si presenteranno sfocate.   Il problema dell’aberrazione cromatica è presente anche  nella regione dell’infrarosso ma, fortunatamente, la criticità della messa a fuoco a queste lunghezze d’onda, come si vedrà in seguito, è molto minore.

Lo spettro che segue, fig.20, riporta la regione rossa nei dintorni della riga H-alfa dell’idrogeno (la riga intensa nella parte sinistra)

 
Fig 20.

La vistosa banda a destra è prodotta dall’ossigeno atmosferico, λ = 7.600 Å. Lungo l’are coperta da questa zona, che si estende fino al rosso estremo (fra 6.320 Å e 7.100 Å) si nota che le lenti Nikkon utilizzate, si comportano molto bene e non c’è alcuna necessita di correzione perchè il fuoco risulta corretto. Spostandoci ulteriormente nell’IR, lo spettro che segue, fig. 21, mostra la regione compresa fra i 7.200 e gli 8.000 Å.  La banda dell’ossigeno atmosferico, O2 , è visibile al centro e gli effetti dell’aberrazione cromatica risultano ancora piuttosto limitati:


Fig 21.

In fine si riporta di seguito, fig. 22,  il profilo spettrale della banda O2 la cui lunghezza d’onda è 7605 Å.


Fig 22.

  Il nostro spettrografo ora è pronto per essere utilizzato ed è in grado di osservare la prima vera stella!.