Large Binocular Telescope in costruzione a Milano
del 21 novembre 2001

di Lorenzo Comolli

“World’s most powerful telescope”, “il più potente telescopio del mondo”, così viene sottotitolato il fascicolo illustrativo del progetto LBT. Ormai nel mondo ci sono vari telescopi che si “vantano” di questo primato, com’è possibile? Fino a qualche decennio fa era facile definire il telescopio più potente, ovvero quello che riusciva a raccogliere la maggior quantità di luce e aveva la maggior risoluzione: utilizzando un solo specchio questi due parametri dipendevano unicamente dal diametro dello specchio. Ma ora sono stati costruiti telescopi non convenzionali che utilizzano più specchi assemblati in un’unica parabola (Keck) oppure in parabole affiancate (Multi Mirror Telescope, Large Binocular Telescope) oppure in cupole vicine (Very Large Telescope). Ecco quindi che il Keck si vanta della specchio parabolico più grande seppur composto da un mosaico di specchi più piccoli (9,8 metri), il VLT detiene la maggiore area collettrice in un singolo complesso (4 specchi da 8,2 metri), mentre l’LBT stabilisce il primato della maggiore area collettrice in una singola montatura (2 specchi da 8,4 metri).
Secondo la rivista Sky & Telescope (agosto 2000) il parametro fondamentale è l’apertura complessiva (ovvero l’area totale), ponendo quindi in cima alla classifica il VLT, mentre l’LBT si trova alla terza posizione, superato dalla coppia di Keck. Ciò non toglie che l’LBT sia comunque un mastodontico telescopio, addirittura più grande e pesante di un elemento del VLT!
Ho avuto la fortuna di poter visitare gli stabilimenti dell’Ansaldo-Camozzi di Milano grazie ad Angelo Veronesi e alla facoltà di fisica di Milano. Qui l’LBT è in costruzione, quando risulterà perfettamente funzionante verrà smontato e spedito sul Monte Graham in Arizona (USA). La spedizione sarà molto complessa in quanto alcuni grossi pezzi non sono smontabili (celle degli specchi, C-ring per il movimento in altezza) e quindi richiederanno un adeguamento delle strade da Milano al Po’, dove una chiatta farà la spola con Venezia. Qui tutti i pezzi verranno imbarcati su una nave che giungerà negli Stati Uniti.

Gli specchi ultraleggeri
Il cuore del telescopio sono i due specchi da 8,4 metri di diametro, costruiti al Mirror Laboratory dell’università dell’Arizona: si tratta di specchi di nuova generazione, costruiti in un forno rotante con inserti che formano una struttura a nido d’ape, con una focale estremamente corta pari a f/1,14, che permette la costruzione di un supporto estremamente compatto e quindi economico. Oltretutto gli specchi sono studiati per uniformarsi velocemente alla temperatura dell’aria, eliminando così il problema della degradazione dell’immagine a causa della convezione locale. La lucidatura è stata spinta a livelli tali da consentire immagini al limite di diffrazione, con un’accuratezza dichiarata migliore di 25 nanometri.
Il peso di un singolo specchio risulta quindi di circa 16 tonnellate, niente se si pensa che con una tecnologia tradizionale sarebbe pesato circa 90 tonnellate! Un peso simile avrebbe anche reso economicamente insostenibile la costruzione della montatura che sarebbe dovuta risultare notevolmente più massiccia.
Lo spessore della superficie superiore dello specchio è veramente esiguo, 28mm, mentre lo spessore totale dello specchio (compresa la struttura a nido d’ape) è di 89cm.

Le configurazioni ottiche
Sono state studiate tre possibili configurazioni, facilmente intercambiabili grazie ai supporti degli specchi secondari e terziari che possono spostarsi lateralmente al telescopio. La prima configurazione è di tipo Gregoriano, ovvero la luce viene raccolta in un fuoco posteriore allo specchio primario (come in uno Schmidt-Cassegrain), i due specchi quindi lavorano in maniera indipendente riprendendo ciascuno lo stesso oggetto ma tramite strumenti diversi. La seconda configurazione è di tipo Bent-Gregoriana e utilizza uno specchio terziario che devia il fascio ottico al centro della struttura di LBT. Qui si può scegliere se inviare i due fasci a due rivelatori diversi (utilizzando quindi i due telescopi separatamente, come nella prima configurazione) oppure farli convergere in un sistema di combinazione di fase e sfruttare quindi le proprietà di interferometria ottica.
Tutte le configurazioni lavorano a una focale equivalente di 126 metri (f/15), anche se esiste la possibilità di sfruttare un fuoco a f/4 per lavori a grande campo.

La struttura del telescopio
E’ la parte che ha rivestito un ruolo centrale nella visita agli stabilimenti dell’Ansaldo, si tratta di una struttura di 550 tonnellate che possono muoversi con una precisione estrema. La configurazione è di tipo altazimutale, scelta obbligata per telescopi della classe degli 8 metri, ma ormai diffusa a tutti gli strumenti di nuova costruzione al di sopra dei 2 metri di diametro. Non vengono più utilizzate le molteplici e originali configurazioni equatoriali (alla tedesca, a forcella, ad assi incrociati all’inglese, a giogo all’inglese, a ferro di cavallo, ecc...), con gli assi di rotazione allineati con le coordinate equatoriali, perchè la loro costruzione richiede strutture molto grandi ed estremamente pesanti. Grazie all’avvento dell’elettronica le montature altazimutali sono diventate perfettamente controllabili e, costando meno, hanno mandato in pensione quelle equatoriali.
Osservando l’LBT a partire dal basso, troviamo la pista di azimut, una grande superficie ad anello di 23 metri di diametro, su cui poggiano 4 cuscinetti oleodinamici che sollevano l’intera struttura di 6 micron. All’interno dei cuscinetti viene iniettato olio in pressione a 100 bar che poi viene raccolto da due “fossati” lateralmente alla pista. Per garantire la rotazione lungo un asse verticale al centro del telescopio c’è un cuscinetto convenzionale di circa 3 metri di diametro. La pista è stata lavorata ad una tolleranza di un errore massimo di 3 micron ogni metro, questo per garantire che il metallo della pista non tocchi quello del cuscinetto oleodinamico durante la rotazione.
Il movimento in altezza è invece ottenuto tramite due C-ring da 14 metri di diametro che poggiano ciascuno su due cuscinetti oleodinamici curvi. La lavorazione dei C-ring è risultata particolarmente complessa perchè è stata eseguita su un tornio orizzontale di enormi proporzioni, a cui si è aggiunta la necessità di eseguire la lavorazione di finitura superficiale con un unico utensile in un’unica passata, il che ha richiesto lo sviluppo da parte di Sandvik di inserti di lunghissima durata.
L’altezza complessiva del telescopio è risultata di 30 metri!
Per quanto riguarda il controllo della movimentazione si è scelta una soluzione tradizionale attraverso pignone e cremagliera, che comunque assicura una elevatissima precisione: si stima che il telescopio possa inseguire correttamente immagini al limite della risoluzione permessa dall’atmosfera con tempi di esposizione fino a 15 minuti, mentre per le pose più lunghe si ricorrerà a un tradizionale sistema di guida fuori asse.

La cupola
La soluzione scelta non è propriamente una cupola, bensì una struttura a “scatola”, che misura 24x29x24 metri (lunghezza, profondità, altezza) e che ruota assieme al telescopio. Ha due fenditure parallele di 10,4 metri di larghezza per permettere l’ingresso dei fasci ottici. Si tratta di una soluzione notevolmente più economica e che garantisce un miglior adattamento alla temperatura ambientale e al vento. La costruzione è praticamente già terminata ed è pronta ad accogliere lo strumento.

Il monte Graham
Vi ha sede il Mount Graham International Observatory, ovvero un complesso di parecchi telescopi tra cui il telescopio submillimetrico Heinrich Hertz da 10 metri e il telescopio vaticano VATT da 1,8 metri. La vetta si trova a 3174 metri, al di sopra del deserto dell’Arizona, che offre superbe condizioni per l’astronomia.

Il consorzio LBT e il progetto LBT
Il Large Binocular Telescope è frutto di una collaborazione internazionale intrappresa nel 1992 di cui fanno parte l’Università dell’Arizona, l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, l’istituto LBT Beteiligungsgesellschaft (che dipende dal Max-Planck Institut fur Astronomie), l’Università dello Stato dell’Ohio e infine la Research Corporation di Tucson (Arizona).
Il progetto dell’LBT è stato ingegnerizzato da alcune ditte specializzate, di cui due italiane, la ADS Italia (di Lecco) e la European Industrial Engineering (E.I.E. di Mestre). Una terza ditta è stata la M3 Engineering (di Tucson, Arizona).
Il costo finale del progetto LBT è stato previsto in 84 milioni di dollari, pari a 94 milioni di euro, una cifra veramente bassa per strumenti della sua classe, imputabile soprattutto alle ottiche innovative e alla configurazione binoculare
 


FIGURE

Il telescopio visto da davanti: nonostante mi trovassi a diverse decine di metri di distanza non si riesce a riprenderlo completamente con un obiettivo 50mm.
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La struttura tubolare della parte centrale della montatura. E’ visibile anche la targhetta che rimarrà per sempre impressa sullo strumento, a ricordo della sua costruzione in Italia.
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Uno dei quattro cuscinetti oleodinamici per il sostegno in azimuth: si vede anche la lavorazione a specchio della pista.
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Uno dei cuscinetti per il sostegno in altezza. Si vede in dettaglio il C-ring, la cui superficie fondamentale è quella inferiore, mentre quella laterale serve solo come guida per impedire movimenti assiali dello strumento.
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Vista da dietro: nel momento della ripresa una delle due celle degli specchi era stata smontata, quindi è visibile meglio la struttura portante e il C-ring per il movimento in altezza.
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Vista da lato: nel momento della ripresa una delle due celle degli specchi era stata smontata, quindi è visibile meglio la struttura portante e il C-ring per il movimento in altezza.
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Vista da davanti, l'autore da una dimensione delle proporzioni. Nel momento della ripresa una delle due celle degli specchi era stata smontata, quindi è visibile meglio la struttura portante e il C-ring per il movimento in altezza.
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Il cuscinetto che mantiene il centraggio del telescopio lungo l’asse di azimuth.
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Una delle celle per gli specchi da 8,4m. Il peso del pezzo è di 38 tonnellate e non è smontabile in parti più piccole. Marco Marzetta (sx) e Angelo Veronesi (dx) danno le proporzioni.
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